Messaggio di maggio del Presidente Internazionale K.R. Ravindran

Alcuni anni fa, nelle pianure di Kano in Kenya, un’agenzia di sviluppo si era presa l’impegno di migliorare la disponibilità idrica di una comunità rurale. Sono state formate delle commissioni, ci sono state riunioni e si è provveduto a consultare la gente del posto. Il bisogno più pressante identificato riguardava la fornitura d’acqua per irrigare i campi e allevare il bestiame. Dopo aver creato un piano per rispondere ai bisogni della comunità, a breve ci sarebbe stato l’avvio dei lavori.

Una volta avviati i lavori, però, ci sono state immediate proteste da parte di gruppi di donne del posto arrivate per bloccare i lavoratori. Dopo ulteriori indagini, l’agenzia si è resa conto che l’acqua che veniva incanalata per destinarla alla coltivazione dei campi proveniva dall’unica fonte presente che serviva alle famiglie per cucinare, bere e lavarsi. Per questa ragione, l’intero progetto è stato cancellato.

Come mai si era verificato un caso del genere? Perché non era mai venuto in mente a nessuno della squadra interamente composta da uomini di consultare le donne del posto. In ogni fase della pianificazione, gli uomini presupponevano di conoscere tutti i bisogni, parlando per la comunità e pensando di rappresentarla in pieno. Chiaramente, non era affatto vero. Le donne conoscevano i bisogni e le risorse della comunità, ma nessuno aveva mai chiesto la loro opinione a riguardo.

Nel Rotary le donne sono arrivate solo negli ultimi venticinque anni della nostra storia, e non è un caso che questi sono stati gli anni più produttivi. Nel 1995, c’era solo 1 donna su 20 Rotariani; oggi, invece, quel rapporto è 1 su 5. Nonostante i progressi, non sono comunque sufficienti. Se vogliamo rappresentare le nostre comunità, ha molto senso che le nostre fila rispecchino la compagine delle nostre comunità, e se vogliamo servire appieno le comunità, dobbiamo assicurarci che siano rappresentate in pieno nel Rotary.

Il regolamento del Rotary sulla parità tra i generi è molto chiaro, ma circa un quinto dei suoi club rifiuta di ammettere le donne, generalmente dichiarando che non è possibile trovare donne qualificate per l’affiliazione. Vorrei dire ai Rotariani che affermano, o che credono questo, che a loro mancano due dei prerequisiti essenziali per l’affiliazione al Rotary: onestà e buon senso.

Un club, escludendo le donne, esclude molto più della metà dei talenti, delle capacità e delle possibili connessioni. Inoltre, chiude le prospettive essenziali per servire famiglie e comunità in modo efficace. Questo danneggia non solo i progetti del club, ma la nostra intera organizzazione, reiterando gli stereotipi che ci limitano più di tutti gli altri, portando i nostri partner a prenderci meno sul serio, rendendo il Rotary meno attraente ai potenziali soci, in particolare i giovani, che sono cruciali per il nostro futuro.

Tollerare la discriminazione contro le donne significa condannare l’organizzazione all’irrilevanza. Non possiamo pretendere di vivere ancora nella stessa era di Paul Harris e non lo desideriamo neanche perché, come diceva il nostro fondatore: “La storia del Rotary sarà scritta e riscritta nel tempo”. Quindi, facciamo in modo che la storia del Rotary che scriviamo sia una storia di cui essere orgogliosi.